Ricercatori ed operatori del settore si sono incontrati a Firenze per discutere sul tema della sostenibilità nella ristorazione universitaria in occasione del convegno “Ma che cavolo! – la ristorazione universitaria che si (s)batte per l’ambiente” svoltosi nell’Auditorium di Santa Apollonia e promosso dall’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario della Toscana e l’Associazione Nazionale degli Organismi per il Diritto allo Studio Universitario (ANDISU), al quale hanno partecipato rappresentanti degli enti per il Diritto allo Studio Universitario di tutta Italia, delle Università, RUS e di associazioni che operano nell’ambito della “sostenibilità”.
Durante la giornata si sono confrontate varie esperienze del settore per valutare quanto sia rilevante l’impatto dei processi di produzione ed erogazione dei pasti nelle mense universitarie sull’ambiente e quanto possa contribuire a contenere i mutamenti climatici un cambiamento diffuso delle abitudini alimentari con un consumo maggiore di alimenti vegetali.
Con un bacino di utenza giornaliero di oltre due milioni tra studenti, docenti, personale tecnico e amministrativo, le mense universitarie italiane possono dare una mano a ridurre l’effetto che un certo modo di consumare il cibo ha sull’ecosistema.
Dagli interventi è emerso che l’introduzione di un’alternativa 100% vegetale tra i primi e i secondi piatti, l’eliminazione dei derivati animali dai contorni può portare ad un risparmio di 1.2 kg CO2 eq. per ogni utente. Considerato che in Italia sono erogati mediamente ogni anno circa 21 milioni di pasti a studenti universitari, un intervento congiunto sul territorio nazionale che applicasse coraggiosamente questi criteri nella propria offerta alimentare porterebbe ad una riduzione di circa 25.000 tonnellate di CO2 equivalenti alle emissioni di circa 5.000 viaggi in auto da Roma a Copenhagen. Purtroppo dai dati nazionali presentati solo una mensa universitaria su due in Italia offre la possibilità di consumare nei menù un secondo a base vegetale, quando è scientificamente provato che per ridurre le emissioni del 4,7% all’anno deve essere dimezzato il consumo di proteine animali entro il 2050.
Da questo punto di vista la Toscana si sta dimostrando all’avanguardia sugli investimenti nel settore nell’ottica della transizione ecologica con un approccio sistemico dell’Azienda DSU nell’elaborazione dei menù e nella somministrazione, con apprezzamenti a livello nazionale. Il DSU Toscana ha infatti ottenuto proprio ieri a Roma il premio Compraverde Buygreen 2024, sezione Mensa Verde 2024, dopo aver ricevuto l’anno scorso la menzione speciale dalla stessa organizzazione che si occupa delle politiche, i progetti, i beni e i servizi di Green Procurement, pubblico e privato. Non da meno è stato ad inizio 2024 le prime tre posizioni raggiunte da alcune mense del DSU Toscana nel Ranking della ristorazione universitaria in Italia report Mense per il Clima – promosso dall’associazione Essere Animali che hanno permesso all’Azienda DSU Toscana di essere classificata in fascia A tra quelle più virtuose.
L’evento è quindi stato organizzato con l’intento di far conoscere ai rappresentanti degli enti per il Diritto allo Studio presenti a Firenze buone pratiche e individuare regole condivise per la gestione dell’intero processo di erogazione dei pasti. Gli interventi mattutini moderati dal giornalista Antonino Palumbo hanno fatto da cornice alla sessione di lavoro pomeridiana finalizzata all’istituzione di un gruppo di lavoro tecnico multidisciplinare incaricato di redigere le linee guida nazionali: dalla redazione delle ricette al controllo degli appalti.
Rubrica: Dillo a Plaple
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